Ciao, sono Gianni.

Questo lavoro mi rappresenta perchè credo nell'impegno e nell'offrire il meglio a tutti.


Questo blog l'ho pensato per impegnarmi e non per distrarmi!



Ho già creato un blog per distrarmi, con cui divertimi,in cui scrivere e pubblicare 'cose' leggere.


Il mio motto:
'Io t'insegno tu m'insegni! Done!'

mercoledì 1 gennaio 2020


L’Uguaglianza non esiste.

E’ per questo che ci battiamo: che essa possa esistere!

L’Uguaglianza è un’idea, come l’idea di Dio. Ci devi credere perché possa essere Vera. L’uguaglianza è un’espressione di fede.  E’ un ‘io credo!’. Ma non è concreta, non è sensibilmente tangibile, non si può ‘mangiare’. Dio stesso poi è solo una ‘parola’ che viene pronunciata liberamente, e in modo non paragonabile fra di loro, da almeno una decina di storiche correnti di pensiero religioso-filosofico e da migliaia di anni, nella storia dell’umanità.

Ma non è reale e neppure realistico pensare che lo sia: l’uguaglianza non esiste. Perfino non lo vogliamo: già un mio sosia mi metterebbe a disagio! Dalla formica all’elefante, due individui della stessa famiglia non sono uguali. Essere uguali poi che significa? Ci serve una ‘definizione’ di ‘uguale a ’ per orientarci correttamente dentro questo concetto.
Nella Natura non esiste. Niente, nessuna cosa o animale nel regno naturale è uguale ad un’altra. Due tigri non sono fra loro uguali, identiche. Esiste solo la singola individuale unicità. Uno è uguale ‘solo a se stesso’ ed è uguale solo nell’aspetto naturale, cioè biologico, naturalistico del suo esistere ma non nell’aspetto che più ci interessa: nell’aspetto unitario di psicologico e sociale assieme. La stessa persona può sentirsi interiormente, psicologicamente, ‘diversa’ con se stessa, nel tempo e nello spazio, fisici, in tempi e spazi diversi, qui ed ora, ‘hic et nunc’ (Orazio) prendendo questi due concetti filosofici come criterio di misura.

Una fonte dell’idea di Uguaglianza è la Scienza. La Scienza indica che la vita sulla Terra si formò quando carbonio e idrogeno si unirono su questo pianeta: ma questo è un altro argomento. Il carbonio si trova in tutte le forme di vita organica ed è la base della chimica organica.

Certo non ci interessa che il carbonio sia l’unità fondamentale strutturale biologica che ci unifica e che ci rende uguali.

L’uguaglianza come argomento di conoscenza necessita di una dialettica sociale. Necessita del ‘Pensiero’ non delle ‘cellule’. La Natura non può più essere chiamata ad esempio e guida. Il contratto-opposizione fra degli uomini che convivono nello stesso tempo e nello stesso spazio ( Jean-Jacques Rousseau, 1762) è una legge che governa l’uomo fin dall’età delle caverne.

….Un’altra fonte di nascita dell’idea di uguaglianza è ancora quella delle idee: una è religiosa e l’altra è politica. Le religioni, sia in Asia che in Europa, si sono sempre fatte carico dell’uguaglianza fra gli uomini e, oltre alle religioni, nel secolo 1700, il movimento letterario dell’Illuminismo (rivoluzione americano e francese) e poi, nel 1800, l’ideologia del comunismo dei mezzi di produzione e quindi dell’uguaglianza fra gli uomini, hanno dato risposte alle domande sociali di uguaglianza. Gli intellettuali si ispiravano ad un ideale che trovava origine nell’uomo stesso: la ragione ma che però non veniva valorizzata fra le diverse fasce sociali della società del loro tempo. Nel 1733 Voltaire scrisse un libro in cui informava i suoi connazionali sulla società inglese, la descriveva come una società dove vi era la libertà di parola, dove non vi era né la pena di morte né la tortura, dove le tasse erano uguali per tutti senza esenzioni e dove i contadini vivevano in buone condizioni. A ciascuna delle affermazioni di Voltaire si presume corrispondesse un’assenza di essa nella sua patria, la Francia (es libertà di parola).

Questo è quello che accadeva tre secoli fa in Europa.

L’unico ambiente dove l’uguaglianza è posta oggi come ufficialmente vera e reale è l’ambiente scolastico. A scuola saremmo o siamo ‘tutti uguali’. Vero? Non so se è vero questo ma in pratica potrebbe essere necessario che lo sia. Se non lo è lo dobbiamo divenire, lo dovremmo essere, sia fra gli addetti docenti che fra gli amministratori e i politici. Il principio condiviso è: partendo da una disuguaglianza ambientale storico-sociale, gli studenti devono essere tutti portati all’uguaglianza. Essi devono raggiungere gli stessi obiettivi formativi finali. E l’obbiettivo condiviso a livello comunitario europeo è l’‘umanità’ del singolo individuo nella reazione fra sé e gli altri. Per questo è stato coniato il principio dell’inclusione in opposizione a quello dell’esclusione. La Raccomandazione Europea sulle competenze di cittadinanza del 2006 individua otto competenze chiave per l’apprendimento permanente che pone l’accento sul valore della complessità e dello sviluppo sostenibile.

Ma può essere obbligata l’inclusione? Lo studente si iscrive alla scuola per ricevere una formazione socialmente prescritta e prescrittiva. Il Ministero traccia un percorso didattico che la scuola deve compiere. Cioè l’alunno dovrà compiere dei cambiamenti programmati e guidati. La meta finale è obbligata e prevista: dovrà essere ‘incluso’. Nel passato, la critica alla scuola è stata di essere ‘omologante’ (la scuola fascista pre-guerra mondiale) ed oggi potrebbe esserlo, anche se oggigiorno sarebbe ‘democraticamente’ omologante?



Essere incluso, essere uguale.

Inclusione ed uguaglianza. Preferirei disuguaglianza ed inclusione.

Diversi ed inclusi: questo è un ‘ ideale’ positivo. Uguaglianza nella diversità è una forma retorica di contrasto ( gli opposti coincidono )  e di contrarietà che fornisce un criterio metodologico corretto. Essere uguali nonostante le naturali diversità. In letteratura si indica come ‘ossimoro’, cioè non possibile nell’attualità (lucida follia). Meglio esprimersi in senso del dualismo Hegeliano della ‘dialettica: due assiomi in contrasto che si superano in una sintesi superiore di conoscenza. Io e te siamo individualità differenti ma se ci uniamo formiamo un’entità nuova, sociale: una coppia.



A scuola siamo uguali (così come siamo) o lo siamo negli obbiettivi formativi?

Socialmente (analisi classista) le diversità sono sociali ed economiche (ricchi e poveri), individualmente le diversità sono poste dalle esperienze vissute (la storia, la cronaca soggettiva). Questo è il ‘bagaglio’ personale che compone il patrimonio d’ingresso nel mondo della scuola dell’alunno.  La fusione delle due forme di differenziazione (classista e di cronaca) produce l’unicità della differenza fra i singoli studenti che vanno ad iscriversi alla scuola.

Tutti gli studenti sono unici nella differenza. Essi sono accumunati dalla loro differenza. La comunità scolastica unisce e non divide. Occorre che la scuola unisca le differenze. Nella scuola ci si unisce nelle differenze.

Gli obbiettivi sono un paradosso logico: lo studente deve raggiungere, dimostrare gli stessi obbiettivi anche se lui è differente dagli altri studenti.

Stessi obbiettivi, percorsi differenti.

La scuola poi percorre percorsi formativi a …scorciatoia.

 A degli alunni vengono consegnati percorsi facilitati che sono disegnati come adatti a determinati alunni ma non ad altri. Dunque se esistono percorsi più facili perché imporre percorsi più difficili o complessi ad altri studenti?  Credo che ci sia un errore nella scuola d’oggi che promette l’impossibile.

Non è possibile credere che un alunno portatore di ‘difficoltà’ possa disporre di attitudini elettive tali da raggiungere degli obbiettivi formativi scolastici tramite percorsi protetti, cautelati, facilitati mentre altri alunni vengono condotti agli stessi obbiettivi tramite percorsi compositi, selettivi e complessi.

Ma se sono possibili (?!) percorsi formativi meno onerosi ed impegnativi nello studio perché non offrirli a tutti gli alunni  invece che solo agli alunni etichettati come in difficoltà ? 

La storia delle invenzioni scientifiche non racconta di eventi sempre pilotati dallo scienziato ricercatore anzi molte scoperte le definiamo proprio con l’immagine di ‘scoperte’, oggetto che c’è ma non si vede, perché ‘coperto’ da un velo ‘ideologico’.  

La didattica inclusiva non esiste. Non è possibile scientificamente. La didattica inclusiva è un’illusione della didattica stessa.



Da Internet, oppure dalle fonti di letteratura circolanti oggigiorno si legge:

“Una didattica inclusiva fa capo a tutti i docenti ed è rivolta a tutti gli alunni, non soltanto agli allievi con Bisogni Educativi Speciali”…



… dice un articolo raccolto in internet (ed Pearson).

In questo articolo si mette in un contrasto distruttivo e irriverente un’idea antica di insegnamento, posto come conduzione ed insegnamento ‘sbagliati’: il metodo Gentile (1923). L’insegnante sa, l’alunno apprende. Schema didattico semplice. Trasmissivo. Verticale o cattedratico che si voglia definirlo. Ma è errato? Credo che sia troppo sbrigativo espellere il principio gentiliano del docente-autorevole dalla scuola. Due soli poli compongono l’educazione: il docente e il suo alunno. Non è saggio porre in secondo piano il docente e mettere al suo posto quello che oggi si va configurando nel mondo dei ‘corsi d’aggiornamento’ consegnati ai docenti, anche loro malgrado e alla rinfusa. Come dire prima del docente viene la tecnologia delle innovazioni.

 La storia della pedagogia e gli Autori da Giovanni Comenio, primo redattore di libri per l’infanzia (15921670), Pestalozzi, Montessori o Dewey non vengono negati dal ‘ritorno’ alla figura del docente guida come idea fondamentale dell’insegnamento. Il credo didattico che inizi da un ‘bambino tuttologo’ non è certo un buon percorso scientifico in cui infilarsi didatticamente.

Ecco uno schema, un grafico moderno, dei nostri giorni che ‘racconta di un bambino’ attuale, il contesto è ovviamente di un individuo ‘affetto’ da ‘soggettività’ indesiderata.

Cosa propone, dice, l’articolo? Varie tecniche, date per ‘ottime’, citando Autori vari, per avere ‘consenso tecnico’.

Tecniche o metodi didattici? 

 “Si può definire il Cooperative Learning come un insieme di tecniche di conduzione della classe grazie alle quali gli studenti lavorano in piccoli gruppi per attività di apprendimento e ricevono valutazioni in base ai risultati acquisiti “ (Comoglio – Cardoso).

“Ciò che il bambino può fare in cooperazione oggi, può farlo da solo domani”.  Vygotskij (1934).

Nelle cose sta il metodo o detto in latino ‘ Est modus in rebus ‘.

Orazio: «esiste una misura nelle cose; esistono determinati confini, al di là e al di qua dei quali non può esservi il giusto». Le Satire, 35 a.C.

Quale metodo per la scuola?

"In ogni cosa la sua misura, questa è un'ottima abitudine". Sulla base di questo principio è consigliabile per la persona avveduta guardarsi dagli eccessi, facendo attenzione a non incorrere nel troppo o nel troppo poco, oppure ad adottare il giusto modo richiesto dalla situazione.

…Tecniche e metodi?

 Ovviamente, dietro quell’articolo lavora l’industria del mercato editoriale.

…Il discorso sul metodo si deve ancora riprendere, dai tempi passati ai tempi attuali, perché è stato abbandonato.

‘Discours de la méthode pour bien conduire sa raison, et chercher la verité dans les sciences Plus la Dioptrique, les Meteores, et la Geometrie qui sont des essais de cete Methode’.

 Discorso sul metodo per un retto uso della propria ragione e per la ricerca della verità nelle scienze più la diottrica, le meteore e la geometria che sono saggi di questo metodo.

1637, René Descartes.